Racconto di un amore di qualche tempo fa
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A Claudio Lo Re era capitato molto raramente, nei suoi circa trentadue anni di vita, di poter esclamare: «Non è possibile! Non credo ai miei occhi!» E questo, per due motivi. Primo, aveva in odio le frasi fatte. Secondo, nella sua vita non gli era capitato quasi mai niente di così straordinario da meritare una simile esclamazione in versione entusiastica.
A venticinque anni aveva vinto il concorso a cattedra e da quasi sette anni insegnava nella scuola media del suo paese. Qualche relazioncella scipita con colleghe tutte più anziane di lui. Mai un autentico innamoramento, una passione travolgente, un amore tipo “tu sei l’unica al mondo” e “non ci lasceremo più, mai più”. Per una dichiarazione così, Claudio avrebbe voluto una del genere Edwige Fenech. Ma si sarebbe accontentato anche della Claudia Cardinale de “Il giorno della civetta” o di Catherine Deneuve de “La cagna”. Altroché se si sarebbe accontentato!
Col carattere di Lucia, però.
Con la dolcezza della voce suadente e vellutata che da due mesi lo affascinava durante la “chat” quasi quotidiana al pc, nonostante le inevitabili distorsioni foniche di un apparato di non ultima generazione. Con i gusti di lei, la passione per la musica classica e la lettura, che spesso erano stati i temi delle loro conversazioni attraverso il computer. La sua determinazione, pur pacata, nel difendere le proprie tesi quando queste divergevano leggermente da quelle di Claudio, il suo modo di manifestare arrendevolezza quando il caso e una fine avvedutezza glielo suggerivano e tutto ciò che Claudio aveva capito del carattere di Lucia, gli avevano fatto concludere che era una donna di classe. Fosse stata anche bella… magari come Edwige Fenech! Insomma non proprio brutta, almeno. Finezza di spirito ne aveva, e mente sveglia, intelligente. Si esprimeva con notevole proprietà di linguaggio e profondità concettuale. Dimmi come parli e ti dirò chi sei. E questa, più che una frase fatta, è un proverbio. Saggezza dei popoli. Sicuramente una buona dose di bellezza interiore doveva albergare in Lucia, e quella fa apparire bella anche una persona che proprio tale non è, si diceva Claudio. La bellezza dello spirito spesso sopperisce largamente alle carenze estetiche di una donna. Oh Dio, se poi ad una bellezza interiore facesse riscontro anche una bella presenza, formosa e sensuale, allora saremmo all’ideale platonico, non so se mi spiego.
Ma quando la vide, seduta al tavolino del bar “La tazzina”, dove s’erano dati appuntamento per via telematica, con le gambe accavallate -e che gambe!- una maglietta attillata che le modellava un seno moderatamente prosperoso e il busto, tutto da urlo, e per giunta bionda, non poté fare a meno, ahimè, di esclamare tra sé:
“Non è possibile! Non credo ai miei occhi!”
Aveva desiderato che fosse bella… ma non avrebbe mai immaginato fino a quel punto! Il “Corriere della Sera” c’era sul piano del tavolino, come si era convenuto. E un nastro viola a cingere la base della coda di cavallo? C’era anche quello. E il foularino rosso annodato su un lato del collo? C’era tutto. Era lei. Si guardava intorno, per l’appunto come aspettasse qualcuno. Oh, bella! Aspettava lui! Ed era giunta sul luogo dell’appuntamento anche con un certo anticipo. In anticipo sull’anticipo con cui lui stesso era arrivato. Questo voleva pur dire che non vedeva l’ora di incontrarlo, come lui d’incontrarla, o no?
Dio mio. l’ho trovata, finalmente!
Che faccio? Mi catapulto? Sarò all’altezza?
In fondo, è da due mesi che quasi ogni giorno ci siamo incontrati in chat. Alla mia proposta, peraltro alquanto titubante, di vederci da qualche parte per conoscerci di persona, non ha esitato un attimo a dire sì. È stata lei perfino a fissare il luogo e l’ora. Tutto d’un fiato. Come se avesse già da tempo architettato il modo di incontrarsi, quando finalmente Claudio si fosse deciso ad avanzare quella richiesta. Certo, l’iniziativa non poteva partire da lei: sarebbe stato sconveniente. Evidentemente non aspettava altro.
«Alle sei del pomeriggio di dopodomani, al bar “La tazzina” in via Roma. Avrò in mano un giornale, il “Corriere della Sera”. Avrò la coda di cavallo legata da un nastro viola e pure un foularino rosso al collo.» Alla fine aveva concluso: «Mi raccomando, sii puntuale.»
«Sarò puntualissimo.»
«E tu? Come farò a riconoscerti?»
«Io avrò in mano un pacchettino, legato da un nastro rosa. Un regalino per te, un libro… ah, e anche un disco. Sarò seduto ad uno dei tavolini esterni.»
Tutto ciò vorrà pur dire qualcosa, o no?
Le aveva parlato a lungo del romanzo di Gesualdo Bufalino “Le menzogne della notte”, in una delle prime chat.
«Non lo conosco. Non l’ho letto», aveva risposto Lucia.
Allora non volle approfittare per chiederle un incontro con la scusa di prestarle quel libro. Troppo presto.
«Beata te.»
«Perchè?»
«Invidio te che puoi provare ancora il piacere di un simile incontro. È talmente bello che vorrei non averlo letto per leggerlo.»
«Beh. Puoi sempre rileggerlo.»
«Non è la stessa cosa.»
Qualche settimana dopo, sempre chattando, le aveva parlato della “Sinfonia classica” di Sergej Prokofiev.
«Sai, fu accusato da alcuni suoi detrattori di non essere in grado di scrivere una musica all’altezza di un Haydn o di un Mozart. Lui accettò la sfida e scrisse questa sinfonia. È un vero gioiello. Classica e moderna al tempo stesso.»
«Davvero? Sono ansiosa di ascoltarla.»
«Qualche volta la ascolteremo insieme», azzardò Claudio.
Una breve pausa. Dopo poco riprese, cambiando discorso. A Claudio sembrò di avvertire una vena di delusione nella voce? Si aspettava che le dicessi… cosa? che la invitassi a casa mia per ascoltare la sinfonia? O che mi invitassi a casa sua portando il cd? Forse sì. Non mi sembrò opportuno. Non ebbi il coraggio. Allora Claudio le aveva comprato libro e cd e se li rigirava fra le mani, intento a scegliere il tipo di camminata da adottare per avvicinarsi al tavolino e le prime parole che le avrebbe detto. Passo deciso, ma pacato, per niente frettoloso. Tra le tante frasi brillanti che gli vennero in mente, non sapeva quale scegliere. Alla fine, avvicinandosi con qualche inciampo, maledetta pavimentazione stradale sconnessa:
«Lucia?», riuscì a dire. «Lucia Maresca?»
Lei girò la testa verso di lui. Stava guardando da tutt’altra parte. Un visetto alla Meg Ryan. Anche se aveva detto chattando di avere ventinove anni, ne dimostrava parecchi di meno. Guardò Claudio con un sorrisetto artefatto. Lui ebbe l’impressione di non aver fatto immediatamente colpo su di lei. Se mai fosse nato l’amore fra loro due, da parte di lei, non si sarebbe sicuramente potuto parlare di colpo di fulmine .
«Claudio Lo Re, immagino.»
«Sì. Sono io. Sai, sono venuto con un po’ di anticipo… ma vedo che anche tu… Per il traffico… avevo paura di non giungere in orario… Ti ho portato il libro. Ricordi? “Le menzogne della notte” e anche il disco… la classica di Prokofiev.»
Quegli occhi verdi, anch’essi sorridenti, gli mozzavano il respiro. Tacque un momento per riprendere il controllo delle proprie emozioni. La donna lo guardava come se, consapevole delle sensazioni che sapeva suscitare, avesse compreso il marasma in cui Claudio si trovava. Era nell’atteggiamento di una ragazza saggia, che concede all’uomo il tempo di assumere il contegno e la padronanza che gli compete nel non facile compito di gestire iniziative quando è intento a fare colpo su una donna.
«Lucia, scusami. Io non sono molto bravo… in genere non sono un timido, ma ora… Non mi aspettavo che tu… sì, insomma, ti avevo immaginata del tutto diversa. Tu sei davvero una bellissima ragazza.»
Ella accennò un sorriso per ringraziare. Claudio si sedette di fronte a lei. Andava riacquistando un po’ di ordine interiore.
«Per dirla tutta, tu sei un vero schianto. Non sembri il tipo che si mette a chattare… almeno io non pensavo che una ragazza come te si mettesse a parlare ad un microfono con un tizio, aspettando, come ho, in certi momenti… mi è parso di capire, che quello si decidesse una buona volta a darle un appuntamento. Tu mi sembri più il tipo di donna che… come dire, gli uomini… a vagonate… sei costretta a tenerli a bada ad ogni passo. Ora capisci perché… la mia sorpresa.. il mio imbarazzo. Non sono così imbranato, di solito. Ma… Lucia, io ti assicuro che normalmente… te ne sarai resa conto chattando… sono un tipo… beh, insomma, abbastanza brillante e…»
«Non lo metto in dubbio. Ma, sai…? Mi dispiace… Devo dirti…» Titubava.
«Cosa…?»
«Io non sono Lucia.»
E, a questo punto la maschera che calò sul volto di Claudio Lo Re non può essere definita in altro modo se non come quella di un ebete.
«Ah! Non sei Lucia? Scusami… E chi sei?»
Ci mise un po’ a rispondere.
«Sono una sua amica.»
«Ah. E perché?»
«Perchè sono una sua amica?»
«No… perché non sei Lucia? Cioè… voglio dire, perché non è venuta Lucia?»
La non Lucia si fece seria in volto e assunse un’aria un po’ afflitta.
«Vedi, Lucia non è potuta venire. Ha avuto un incidente.»
«Un incidente? Ma se ieri mattina ho chattato con lei e stava benissimo!»
«Ieri mattina, trentasei ore fa. In trentasei ore, nel mondo capitano migliaia di incidenti. Ne è capitato uno anche a Lucia. Allora lei mi ha chiesto il favore di venirti ad avvisare che, ovviamente, non sarebbe potuta venire all’appuntamento. Non potevo rifiutare e sono venuta.»
Claudio continuava a guardarla come se lei gli avesse dato ventuno coltellate, a lui che, poverino, neanche la toga senatoria aveva in cui poter nascondere il capo.
«E.. il foularino rosso, il nastro viola, il giornale? Tutta roba sua?»
«Sì, tutta roba sua…di Lucia… cioè il giornale no. L’ho comprato all’edicola qui vicino poco fa.»
Non esageriamo. Una doccia fredda. Ti crolla il mondo addosso. Franano tutti i castelli in aria. E via queste frasi fatte!
Dopo tutto Lucia sicuramente non poteva essere bella come questa donna che gli stava di fronte. Questa è il modello sul quale il Demiurgo plasma tutte le altre donne.
E se tentassi con lei..? Questa mi ha già stregato. Dovrei riconquistare un bel po’ di punti persi. Si avvicinò al tavolino un cameriere.
«Prendi… Posso offrirti qualcosa?»
«No, grazie. Ho finito poco fa un cognac. Non desidero altro. Grazie.»
Claudio ordinò un’aranci… no, un whisky, per essere all’altezza.
Come iniziare l’azione..?
«Beh, io andrei, se…». La ragazza fece per alzarsi.
Non lasciarla andare, altrimenti non la vedi più.
«Ma, che incidente..? È grave?»
«Grave..? beh, no… cioè sì, un poco. È stata… investita da una macchina.»
«Oh, mi dispiace. E dov’è? All’ospedale?»
«All’ospedale, sì.»
«All’ospedale qui, in paese?»
«No… a Napoli. Ma per favore non chiedermi dove.»
«Ma mi corre l’obbligo di andarla a fare visita.»
Oh Dio! Mi corre l’obbligo! Ma che dice? Non era quello che odiava le frasi fatte? Questa, poi, tra le frasi fatte è veramente la più becera.
«E tu fermalo!»
«Che cosa?»
«L’obbligo, no? Non farlo correre.»
E certo! Si vede subito che è una ragazza sveglia e spiritosa. Volevi che non ti prendesse in giro? Claudio si morse le labbra. Un’altra manciata di punti persi.
«Dai, non scherzare. Poverina. Vuoi che non le vada neanche a fare una visita?»
«No… vedi, il fatto è… appunto, che mi ha pregato di dirti che non vuole… sai, ha il volto un po’ tumefatto e non vuol farsi vedere da estranei. Specialmente da te poi… Figurati… così brutta.»
«Ah. Così… Beh, non ha torto. Ma se tu le vai a fare visita, le puoi portare questo libro e questo disco, per favore?»
«Va bene. Dunque, allora ci..»
«No, aspetta un attimo. Almeno mi dici come ti chiami?»
«Chi, io? ah, sì… mi chiamo Esmeralda.»
«Che bel nome!»
«Nevvero?»
Esmeralda, e poi?»
«Esmeralda Russo.»
Claudio decise di spingersi più a fondo.
«E mi daresti gentilmente anche il tuo numero di telefono? Così posso chiederti notizie di Lucia.»
«No, guarda lei mi ha pregato di dirti… sì, che si farà viva lei per chat, non appena tornerà a casa. Non ti preoccupare, non resterà molto in ospedale. La trattengono un po’ di giorni sotto osservazione. Ma presto tornerà a casa. Va bene? Adesso vado. Ho fatto già tardi.»
La stiamo perdendo!
«Ti accompagno? Ho la macchina posteggiata poco lontano.»
«Ti ringrazio, ma anch’io sto con la macchina.»
«Senti…»
«Guarda. Adesso devo proprio andare. C’è il mio fidanzato che mi aspetta e sono già in ritardo. Paghi tu qui, naturalmente, no? Ciao, eh. Stammi bene.»
«Ciao e… grazie.»
Perduta.
Ha il fidanzato. Certo. Volevi che non ce l’avesse una bella come lei? Beato lui. Rimase a guardarla mentre andava. Come se ne va bene. Che vitino da vespa! Evviva le frasi fatte! E che movimento d’anche,
Adieu, mon amour.
Nei giorni che seguirono, più che attendere che Lucia si facesse viva sulla chat, sperava di rincontrare Esmeralda da qualche parte. Esmeralda Russo. Anche solo per vederla. Era un tale spettacolo. E chi se la può più scordare!
Lucia, accidenti a te! Più di quello che ti è capitato. Ti fossi fatta trovare tu al bar “La tazzina”, almeno non m’avresti creato questo poco di marasma dentro, brutta come sicuramente dovrai essere. A paragone di Esmeralda certamente… Ma non è che non sei venuta proprio perché sei talmente brutta che, all’ultimo momento hai pensato di non farti vedere e mi hai mandato Esmeralda? E non mi potevi mandare tuo fratello, o anche una tua sorella più brutta di te? Almeno non farei sogni agitati, e non sognerei ogni notte Esmeralda. E la sogno pure abbracciata al suo fidanzato.
Passata un decina di giorni, Claudio tentò di connettersi in chat con Lucia. Il suo computer risultava spento. Fosse ancora in ospedale? Riprovò qualche giorno dopo. Sempre spento. Almeno potessi connettermi con lei, per chiederle se mi dà il numero di telefono di Esmeralda. Poco corretto, in questo caso. Ma quel numero di telefono valeva bene una scorrettezza, e anche due. Cercò sull’elenco telefonico con la vana speranza che fosse intestato proprio a lei. C’erano tremila Russo e nessuna che si chiamasse Esmeralda.
Ah, Esmeralda, Esmeralda! Per te mi accontenterei anche di essere il gobbo di Notre-Dame!
La vedeva in ogni dove. Qualunque capigliatura bionda, vista di dietro, gli faceva balzare il cuore in gola. Le correva davanti per assicurarsi che non fosse lei. Già guardandola di dietro avrebbe potuto essere certo che non era Esmeralda. Quelli non erano i suoi fianchi e, quand’anche la bionda di turno avesse un bel sedere, non era quello di lei. Ma voleva guardarla in viso per essere sicuro al cento per cento. Sistematicamente restava deluso. Il paese non era una metropoli e, a meno che quella del bar “La tazzina” non fosse stata un’apparizione fantasmatica, prima o poi gli doveva capitare di rincontrarla.
Era ormai da più settimane che aveva smesso di fare tentativi per contattare Lucia in chat. Aveva detto che sarebbe stata lei a contattarlo? E allora… Non aveva neppure tutto questo forte desiderio di sentirla, Lucia. Ora voleva rivedere Esmeralda, questo era il più ardente desiderio che lo animava. Rivederla, ottenere almeno la sua amicizia. Se la sarebbe conquistata col suo saper essere spiritoso, brillante, spigliato nella conversazione. Sapeva essere tale. Non aveva, del resto, conquistato così Lucia, con la sua parlantina, le sue idee originali, la freschezza del suo fraseggio, la profondità e l’originalità dei suoi pensieri?
Come recriminava di non aver potuto dimostrare tutto ciò ad Esmeralda nell’incontro al bar “La tazzina”!
Accidenti a me, che mi sono fatto fregare dall’emozione! Ma chi poteva immaginare… tutte quelle sorprese! Ho perso il controllo della situazione. Mai capitato prima.
Aveva sempre saputo fronteggiare nel modo migliore anche le situazioni più impreviste. A scuola con gli allievi, nelle assemblee del Collegio docente, nelle riunioni con i genitori, in ogni occasione aveva dimostrato sicurezza e padronanza di sè, prontezza di spirito, loquela scorrevole, brillantezza di soluzioni. Molti lo ammiravano per queste sue doti. Ma davanti ad Esmeralda… tutto s’era sciolto come nebbia al sole. Poterla rivedere. Si sarebbe, ne era certo, guadagnato la sua amicizia, come inizio, e poi… Ma è fidanzata.E cosa vuol dire? Ma perché i fidanzati non si possono lasciare? Si abbandonano perfino i mariti.
Ora che le scuole erano chiuse per le vacanze estive, Claudio impiegava la maggior parte della giornata girando per il paese. Entrava nell’ufficio postale. E che, forse Esmeralda non può spedire un vaglia, qualche volta; pagare alla posta la bolletta del telefono? Entrava nella banca, negli uffici del municipio, nei negozi e in ogni altro luogo in cui gli pareva di intravedere una chioma bionda. Ma quando mai ci sono state tante bionde in questo paese? Nessuna era Esmeralda. Nessuna era come lei, neppure alla lontana.
La canzone Meravigliosa creatura di Gianna Nannini era sempre in funzione quando era a casa.
Molti mari e fiumi
Attraverserò
Dentro la tua terra
Mi ritroverai
Turbini e tempeste
Io cavalcherò
Volerò tra i fulmini
Per averti
Meravigliosa creatura
Trascorse l’estate.
Da una settimana era iniziato il nuovo anno scolastico. Era stata un’estate insulsa. Neppure in vacanza al mare, che pure tanto amava, aveva avuto voglia di andare. Esmeralda gli aveva avvelenato l’esistenza. E neppure si decideva ad allentare il peso della sua presenza nella mente e nel cuore di Claudio. Non voleva più nessuna donna che non fosse lei.
Nell’aula a piano terra i suoi allievi di seconda classe erano impegnati nello svolgimento del compito sulle vacanze appena trascorse. E quando mai gli allievi, dalle elementari alle medie, sogneranno di potersi sottrarre alla tortura del compito sulle vacanze appena trascorse? Non solo le vacanze sono trascorse, e questo già… che tristezza! In più è cominciata la scuola, un’altra inevitabile disgrazia… e ti costringono anche a ricordare i momenti più belli appena trascorsi! Questa è crudeltà mentale. Non c’è cosa più triste che ricordare i bei tempi nei momenti del dolore, pensava Claudio mentre si avvicinava alla finestra che dava sul cortile. Chi l’aveva detto? Dante? Sarà l’ultima volta che assegno questo compito ad inizio anno.
Guardò verso la palazzina dove erano ubicati gli uffici di segreteria giusto in tempo per vedere uscire, dalla segreteria, una bionda… quelle movenze… il suo modo di camminare, si era girata come a guardare… Era lei! Esmeralda. Non c’è dubbio. E che ci fa nella segreteria della mia scuola? Uscita dal cancello dell’edificio con una certa fretta, si era infilata in un’auto, una Mini Cooper. La donna al volante accese il motore e partì.
L’anziana insegnante di sostegno, che seguiva una ragazzina down nel famigerato compito sulle vacanze, dovette credere che improvvisamente il prof di lettere avesse avuto sicuri segni premonitori di un incombente terremoto del settimo grado Richter, e stava per rifugiarsi sotto al banco, come prescrivevano le norme della Protezione Civile in caso di sisma.
«Scusami un attimo. Torno subito», disse Claudio alla collega di sostegno e volò via. Urtò lo spigolo della cattedra. Non avvertì neppure il dolore boia che, in altre situazioni, lo avrebbe fatto torcere, infilò la porta dell’aula e in un baleno fu fuori del cancello della scuola, giusto in tempo per vedere la Mini allontanarsi e scomparire dietro l’angolo lontano. Tornò nel cortile e si diresse veloce negli uffici di segreteria. Si rivolse a Raimondo, l’applicato factotum, ansimando, e non tanto per la breve corsa.
«Quella donna che è uscita da qui poco fa…»
«Quel pezzo di figliola? Quella bionda? Professo’, teneva certi occhi verdi comme ‘a Grotta Azzurra.»
«Sì, lei…»
«È una supplente. Ha chiesto in che punto della graduatoria si trovava. Le ho detto che, al punto in cui si trovava, c’erano poche speranze di lavorare per quest’anno. Ha detto che stava per partire per Domodossola. Là, col suo punteggio, avrebbe sicuramente lavorato per tutto l’anno. Ha detto di depennarla dall’elenco e di fare conto che non è mai esistita. Io le avrei dato la supplenza non per tutto l’anno, ma per tutta la vita.»
Per Domodossola… sarebbe partita … e quando?
«Ma da quanto tempo è che sta nella graduatoria supplenti del nostro istituto?»
«Ma che ne so! Forse dall’anno scorso, due anni. Non so. È stata la prima volta che l’ho vista.»
L’avrebbe trovata, prima che partisse per Domodossola. E come?
«Senti, fammi un favore, Raimo’. Mi dici qual è il suo indirizzo, il numero di telefono?»
«Eh, professo’, calma. Dio, come vi è presa di brutto. Vi ha colpito in quel modo?»
«Dai, Raimondo. Non fare il fesso. Dammi st’indirizzo. Ho un conto in sospeso con quella lì.»
«Subito! Per la miseria e che furia. Un momento. Eccolo qui. Lo trovo subito. Ecco. Maresca Lucia, via Silvio Pellico, 91 – Salerno. Numero di tel…»
«Ma no. Non è quella. Lei è Esmeralda… Che nome hai detto?»
«Numero di telef…»
«Non il telefono! Ho detto il nome!»
«Sì, il nome… Eccolo qua. Maresca Lucia.»
«Ma… lei è Esmeralda. Cerca Esmeralda Russo.»
L’applicato scorrendo l’elenco:
«Esmeral… Es… Es…»
«Ma no… quello è il nome. Cerca Russo. Russo Esmeralda.»
Ma mo’ sta a vede’ che anche i prof si fanno le canne nei bagni della scuola, pensava Raimondo, mentre cercava Russo sull’elenco.
«Professo’, qui c’è un Russo Salvatore di lettere e una Russo Teresa di Inglese. Di Esmeralde non ce ne sono.»
«Dunque, hai detto? chi era quella?»
«Eh, ve l’ho detto. Maresca Luisa. Professo’, ma vi sentite bene?»
«No. Ho preso un colpo all’anca ed ora incomincia a dolermi forte.»
Il dolore andava aumentando a grandi passi, e non solo quello all’anca.
«Professo’, volete sedervi?»
«No. Vado in classe, Raimo’, grazie. Come si chiama… quella bionda?»
«N’ata vota, prufesso’? E ve l’ho detto un secondo fa! Maresca Luisa! Volete che ve lo scrivo?»
«Lucia, Raimo’ Lucia. Maresca Lucia.»
«Ahe! Maresca Lucia! E io che ho detto?»
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